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24/07/2024

Rivoluzione Agricola: Le Nuove Strategie Imprenditoriali

Questo articolo fa parte del progetto "La voce degli studenti dell'Istituto Agrario Gallini di Voghera", volto a valorizzare le prospettive degli studenti nel settore agricolo.

Sempre più spesso sentiamo parlare di sostenibilità, un concetto che in parte cambierà il nostro modo di vivere anche e soprattutto in campo agricolo. È sostenibile ciò che riesce a garantire le necessità immediate della popolazione senza alterare gli equilibri ambientali nel presente e senza mettere a rischio le future generazioni. 

Partendo da questo semplice concetto appare evidente che gli agricoltori si troveranno ad affrontare una delle sfide epocali più difficili: aumentare le produzioni per sfamare un mondo in continua crescita riducendo contemporaneamente il proprio impatto ambientale.

Le strategie che sono messe in atto stanno cambiando radicalmente il modo di fare agricoltura. Scopo di questo articolo è quello di fare chiarezza su alcune forme imprenditoriali che sempre più spesso accompagnano le nostre gite in campagna.

L’agricoltura convenzionale, spesso definita tradizionale, si era sviluppata nel secondo dopoguerra ed era basata su un impiego intensivo dei mezzi di produzione finalizzato alla massimizzazione dei profitti attraverso lo sfruttamento totalizzante del terreno disponibile. Oggi ci rendiamo conto che questo modello è stato foriero di conseguenze negative. Sono esplosi i consumi energetici, sono aumentati gli organismi resistenti ai fitofarmaci e, quindi, ne è aumentato il loro impiego. L’uomo e l’ambiente hanno manifestato sempre più frequentemente fenomeni di tossicità. Le tradizionali sistemazioni agrarie sono state smantellate per consentire una più efficiente meccanizzazione delle colture. Per questo sono sparite le consociazioni, le alberature, le siepi di bordura; anche le arature sono diventate più profonde con conseguente modifica degli equilibri di degradazione della sostanza organica e, in ultima analisi, con l’aumento dei fenomeni di erosione. 

Negli ultimi 20 anni si sono imposte strategie diverse di conduzione delle imprese agricole. Due filoni principali di pensiero hanno avuto la meglio: quello che possiamo definire “razionalizzante” e quello “ambientale”.

Al primo si ascrive l’agricoltura integrata, ovvero, un modello di gestione delle coltivazioni che, pur impiegando i normali mezzi di produzione dell’agricoltura convenzionale, tende a ridurne l’impatto attraverso una serie di pratiche incentrate sull’analisi e valutazione delle criticità colturali al fine di agire solo nei momenti e con l’intensità adeguata alla loro soluzione. Alcuni esempi sono: l’osservazione del livello di malattia o di presenza degli insetti per agire solo dove e quando è necessario, l’impostazione di piani di concimazione basati su rilievi analitici della composizione dei suoli al fine di non eccedere nell’uso dei fertilizzanti, o ancora la calibrazione dei momenti esatti di intervento sulle coltivazioni al fine di evitare inutili sprechi.

Nello stesso filone, ad un livello più elevato, si inserisce l’agricoltura 4.0. Ci è voluto realmente poco per rendersi conto che le strategie dell’agricoltura integrata potevano migliorare attraverso l’applicazione delle nuove tecnologie. L’impiego di sensori sempre più efficienti abbinati alla gestione digitale degli output, ha portato allo sviluppo di una grande quantità di dati che hanno consentito l’elaborazione di modelli previsionali il cui utilizzo ha reso sempre più efficiente l’impiego dei mezzi di produzione evitando inutili e dannose utilizzi. Ben presto si è trovato il modo di correlare questi dati allo sviluppo delle colture con un grado di dettaglio fino ad ora inimmaginabile. In molti casi si è giunti a monitorare la singola pianta. Questo ha permesso di ottimizzare le pratiche di coltivazione attraverso un’azione sempre più dettagliata e puntuale, aprendo le porte a quella che viene definita l’agricoltura di precisione.

Il secondo modello interpretativo di gestione agricola ha preso avvio dall’ormai trentennale pratica dell’agricoltura biologica. Punto fondamentale è la sostituzione dei prodotti chimici di sintesi con formulati ottenuti da processi naturali, facilmente biodegradabili e quindi ha ridotto impatto ambientale. L’UE ha da tempo definito dei regolamenti il cui rispetto consente di ricevere delle certificazioni che danno la possibilità di impiegare un logo specifico sui prodotti ottenuti. 

Si potrebbe dire che “fatto trenta, perché non fare trentuno”. Se si vuole ridurre l’impatto ambientale, si può evitare di usare qualsiasi tipo di prodotto chimico fitofarmaco o fertilizzante che sia. Su queste basi si è sviluppata l’agricoltura biodinamica la quale impiega soltanto preparati naturali in dosi omeopatiche al fine di favorire la fertilità del suolo e la crescita della pianta. Ancora meglio è l’approccio dell’agricoltura rigenerativa. È definita una pratica olistica incentrata sull’equilibrio del suolo come cardine del benessere colturale e, in ultima analisi, della resilienza di un determinato areale di produzione. Pratiche diffuse sono il cover cropping, quando i terreni, durante i periodi invernali, sono lasciati “coperti” con colture non destinate alla raccolta, ma all’interramento; il “no tillage” che consiste nell’eliminazione totale di ogni lavorazione meccanica; la rivalutazione della rotazione delle colture, delle consociazioni, fino all’estrema pratica della policoltura. Recentemente sono stati sperimentati anche modelli di integrazione tra coltivazione e allevamento animale come nel caso del pascolo a rotazione o delle più moderne tecniche di agroforesty.

Forse non c’entra nulla con quanto detto, ma vorremo parlarvi anche dell’agricoltura solidale. In questi ambiti si attuano progetti che offrono forme alternative di welfare che hanno aperto notevoli spazi di intervento per le imprese dislocate nelle zone più isolate. Oggi sono realtà consolidate in cui lavorano ex detenuti o minori in condizioni di disagio, magari affetti da dipendenze, ma non solo, si ascrivono a questa categoria anche le fattorie didattiche, gli orti sociali, i campi estivi immersi nella natura.

Come già detto siamo nel pieno di un cambiamento epocale sapremo esserne all’altezza? Per quanto scritto vale la pena di sperare.

Leggi qui il primo articolo

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